Spostare lo sguardo dal dolore
- Giulia Scandolara
- 12 set
- Tempo di lettura: 3 min

Quando le persone iniziano un percorso, arrivano spesso con un racconto preciso: “mi ha ferito questo, mi ha rovinato quello”. È comprensibile.
Nel Counseling, però, le mie domande hanno una funzione diversa: aprire al nuovo. Ha infatti più potere domandarsi, ad esempio: che cosa mi è stato impedito di diventare? E come posso attivarmi, per andare oltre la danno emotivo subito?
Restare centrati esclusivamente sul torto subito può trasformarsi in una sofisticata forma di immobilità. La relazione d’aiuto, invece, può diventare uno spazio dove disimparare l’adesione al dolore e imparare l’adesione a sé, fino a incontrare l’Io futuro.
Perché restiamo agganciati al dolore
La mente umana è predisposta a notare più il negativo che il positivo: è il cosiddetto negativity bias. In termini semplici, il “male pesa più del bene”.
Questo modo di pensare può influenzare in modo determinante la nostra memoria, l'attenzione e il modo, la qualità con cui prendiamo le nostre decisioni. Il negativity bias porta il dolore ad essere dominante, nel nostro campo di coscienza. Ti lascio immaginare le conseguenze!
Continui a pensarci
A questo si somma la tendenza alla ruminazione: ripeti mentalmente problemi ed emozioni dolorose, che possono mantenere o intensificare gli stati depressivi e ansiosi. Lo fai molto spesso senza accorgertene, e continui senza sosta perché, chiaramente, non c'è nessuno che ti ferma
È stato ampiamente documentato come la ruminazione non favorisca mai l’elaborazione di un problema. E non porta nemmeno alla soluzione di qualsiasi disagio, bensì alla cronicizzazione del malessere.
Nel mio Counseling ti insegno a fare diversamente
Già William James (filosofo e psicologo) alla fine dell’Ottocento, osservava che ciò che scegliamo di attenzionare diventa la nostra esperienza.
«My experience is what I agree to attend to». Tradotto: La mia esperienza è ciò a cui scelgo di prestare attenzione. Condivido questa riflessione con un invito preciso: sappi che, insieme, possiamo dirigere consapevolmente lo sguardo su ciò che ti fa stare bene, sganciandoti definitivamente dal dolore.
Incontrare il tuo Sé futuro
Non si tratta di pensare positivo, ma si tratta di trasformare la tua architettura dell’attenzione. Ok, lo so: è un parolone. Ma seguimi.
Spostare il focus significa iniziare a dialogare con il proprio Sé futuro: chi sto diventando? La ricerca sulla future self-continuity (continuità, in linea con il tuo Sé futuro) mostra che, quando percepiamo il nostro futuro come connesso al presente, aumentano scelte lungimiranti, senso di direzione e benessere nel tempo.
Parallelamente, coltivare le emozioni costruttive amplia il repertorio d’azione, la conoscenza e l'esperienza di sé. Impari a essere altro, da ciò che finora ti sei raccontata o raccontato.
Andiamo insieme, oltre al tuo dolore
Non nego il dolore: aggiungo spazio di manovra. Aggiungo sguardo e capacità di nuova visione al tuo modo di pensare. E questo è tutto ciò che serve, a coloro che continuano a legarsi meglio al proprio dolore.
Dopo eventi difficili, non esiste solo il mero “sopravvivere”: esiste la crescita post-traumatica, fatta di quei cambiamenti positivi, percepiti in sé, come nelle relazioni, che cambiano il senso (inteso come direzione) del tuo esistere.
Come si traduce, tutto ciò, in un percorso di Counseling
Un lavoro efficace tiene insieme conto di due movimenti:
Serve onorare la propria storia: dare nome alle ferite, ai bisogni frustrati, a ciò che non è potuto accadere. Questo crea sicurezza relazionale (volendo usare le parole di Carl Rogers), condizione di base del cambiamento
Poi, serve spostare lo sguardo sul possibile: rinnarare, riscrivere l'oggi, agire il cambiamento, e mettersi in contatto col proprio Sé futuro, che può fungere da guida e da bussola, nel presente
Non ti basterà mai, guardare al tuo passato, accoglierlo e rinarrarlo (ove possibile).
Il grande lavoro, se vuoi davvero smettere di restare abbracciata o abbracciato al dolore, consiste nel guardare avanti, e costruire un ponte che ti porti verso chi sarai.
Smettila di annaffiare il tuo dolore
Comprendersi non vuol dire crogiolarsi nella sofferenza per anni (le persone scambiano spesso la terapia per questo).
Comprendersi (almento qui da me) vuol dire saper leggere il libro del proprio mondo interiore e riconoscere la direzione in cui crescere.
Il passato merita ascolto, certo ma è grazie al dialogo con il tuo Sé futuro che nascono azioni trasformative. In altre parole: sposta lo sguardo, e la tua vera identità ti verrà incontro.
Giulia Scandolara - Gestalt Counselor
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